mercoledì 29 febbraio 2012

se non lo ricordi, scrivilo

ognuno di noi ha fatto almeno una volta la lista della spesa.
è una cosa necessaria, la lista della spesa.
ieri per esempio, davanti allo scaffale delle marmellate, stavo pensando "ce n'è ancora, o è finita?"
e poi ho messo nel cestino altri due barattoli di marmellata (una alle more e un'altra ai frutti di bosco), avendone già una ai mirtilli neri e un'altra alle ciliegie.
sono importanti le liste: ti ricordano quello che ogni tanto lasci da parte per fare altro che magari ti interessa pure di meno.
non ho fatto una lista scrivendoci anche "burro" ed ecco che questa mattina non ho mangiato una fetta biscottata burro e marmella, visto che senza burro è come se all'iride mancasse la pupilla.
poi c'è chi le liste non le sopporta e riesce a tenere tutto a mente, invece secondo me bara.
non puoi tenere tutto a mente, cioè nella mente c'è ma tu non lo ricordi.
e allora, per non sbagliare, faccio una lista della spesa e la pubblico nel blog, così se dovessi trovarmi al supermercato più tardi (e di nuovo senza lista) vi chiamo e magari me la leggete voi.

acqua liscia sul comodino prima di addormentarmi
amiche migliori di me, quelle come le mie
carbonara, pancetta, carciofi, salame tra le priorità
ironia e mente brillante (che andrebbero allenate, in effetti)
peanuts, soprattutto charlie brown
lenzuola dei peanuts (che quando ci dormo mi sento meno sola)
converse una volta al mese d'inverno e due volte a settimana in primavera
un po' di spazio per pensare, un altro per depensare
dubbio, esercitarlo ogni giorno
borsa grande, in cui non trovare niente e trovarci quello che non stavo cercando 
congiuntivi e accenti al posto giusto
pantofole, volendo anche per andare in piazza
grazie e per favore ogni volta, come ogni volta uso la carta igienica (voi pure, no?)
coperta di pile addosso, quella che fa tanto vecchia ma anche stica**i (mi scuso)
cambiamenti tutti i giorni (come non usiamo per due giorni gli stessi slip)
qualche puntata di heidi (piangendo quando a francoforte corre sul tetto per scorgere le sue montagne)
crema al viso tutte le mattine e tutte le sere, annusandola tutte le volte
finestre con le persiane
alberi, verde, natura, natura, verde, alberi
annusare (sperando che mi dica bene...)
sabbia sotto i piedi nel mese di marzo (ci siamo)
credere nell'energia del cosmo
arrossire, ché non fa male allo stomaco (anzi)
ricordarsi che la mafia non è del sud
scrivere e rileggere
sputare il fegato se lo mangio per sbaglio
essere incoerente (sì, ho detto incoerente)
leggere un'altra storia rispetto a quella che ti fanno studiare
pregare e non dirlo
restare umana davanti a una morte, anche se a morire sono saddam e gheddafi 
un chilo di filosofia, due di pazienza, poesia quanto basta
i rapaci e i cervi e i lupi
percepire ciclicità e radianza del sole e della luna
frappe un mese l'anno (devo scrivermelo al quindici gennaio, se no mi fotto qualche giorno)
spiritualità e nessuna religione
infradito di gomma
sogni lucidi
i nativi americani e la loro storia muta
il dondolo e la libreria e il mio divano di ikea
affacciarmi dalla finestra della casa in montagna
un po' di indignazione (quella che si trova nel reparto "per gente viva")
la delicatezza e la gentilezza di alcune persone
telefonare al mio cavallo e alle mie micie per sapere se hanno mangiato e se hanno freddo
monte velino e rosciolo
guardare senza parlare
il silenzio (ché me l'hanno insegnato)
le giuste parole, sceglierle sempre, non lasciarle mai al caso (che poi esiste il caso?)
parlare abruzzese
ringraziare uno per uno voi che mi, ci, leggete e che mi, ci, incoraggiate a farlo ancora.

bi



[street art]
e chiedilo ai bambini: loro lo sanno.

martedì 28 febbraio 2012

il regalo migliore che potrei fare ad una delle mie migliori amiche

potrei regalarle un ombrello.
l'ho conosciuta in un bar, anni fa.
tutte le mattine ci incontravamo davanti ad un caffè e un cappuccino e due chiacchiere prima di scappare via.
parlavamo senza neanche sapere i rispettivi nomi, come se una qualche forma di intimità ci fosse a prescindere.





potrei regalarle un ombrello, uno rosso, ché c'è la radice del suo nome: ro-berta.
una specie di firma quel ro, lo farebbe più suo.
era sempre sorridente e spiritosa, un po' di fretta, un po' rapida nel parlare.
ha sempre avuto una bella luce negli occhi, mi ci sono sempre riconosciuta.
e abbiamo scoperto di avere la stessa età e molti amici in comune.
abita di fronte a me, roberta.
una mattina, era il mio compleanno, mi telefona al fisso e mi dice:
- affacciati!!!
ed io, appena uscita dalla doccia, sono uscita in accappatoio.
dal balcone, cornetta del telefono all'orecchio, mi ha lanciato baci e abbracci e parole urlate di festa e di auguri.




potrei regalarle un ombrello, uno di quelli che sanno volare.
così quando si affaccia al suo balcone può spiccare il volo e saltare sul mio, tra la pianta di limone e la finestra della camera da letto.
ha due figli ed è sposata da tanti anni.
mi insegna cosa vuol dire essere madre e moglie, oltre che essere donna e rivoluzionaria.
si preoccupa sempre di sapere se ho cenato, se ho il frigorifero pieno, se esco o resto a casa.
una volta sono uscita alle sette di sera.
lei mi ha cercato dal balcone, ma io avevo le finestre chiuse e non vedeva le luci.
mi ha telefonato al fisso, ma io non potevo risponderle, perché non c'ero.
allora mi ha chiamato sul cellulare, ma io il cellulare lo avevo in borsa e non riuscivo a sentirlo.
quando me ne sono accorta, avevo nove chiamate perse e un'amica dall'altra parte che sbraitava, perché pensava che mi fossi sentita male in casa e nessuno se ne potesse essere accorto.




potrei regalarle tanti ombrelli, perché uno è poco.
di tanti colori e pure che sappiano volare e andare in alto.
lei è dei pesci, sa nuotare ma non può ancora volare.
tanti ombrelli di tanti colori diversi potrebbe abbinarli al suo umore cangiante e ai suoi vestiti colorati.
è colorata di suo, roberta.
è come un bianco luminoso apparentemente senza tinte, che passando attraverso un prisma ti regala un arcobaleno di colori.




potrei regalarle un ombrello, uno trasparente, così può alzare gli occhi e vedere il cielo.
che tanto non è sempre ferma e radicata a terra anche lei, è sempre pronta a scodare e a girare lo sguardo altrove, ma senza mai perderti di vista, come fanno le mamme con i loro figli.
non che sia una madre per me, roberta, ma mi sento addosso il suo forte senso di protezione.
mi fa ridere e diciamo un sacco di stronzate quando siamo insieme, sedute intorno al tavolo del suo salone.
ci sono le vetrate e se mi sposto vedo il mio balcone.




potrei regalarle un ombrello a pallini un po' retrò, di quelli che ti infondono un senso di romanticismo.
perché lei non lo ammetterà mai, ma dietro il suo apparente cinismo e il suo modo diretto di dirti qualcosa si cela una dolcezza rara, la stessa che vedi quando ascolti il tono della voce di suo figlio e il suo modo di dirle "ti amo tanto, mamma".




potrei regalarle un ombrello forte e resistente, oppure uno leggero ed impalpabile, oppure uno solo disegnato.
purché sia un ombrello, perché tra pochi giorni è il suo compleanno.
purché lo porti sempre con sé, roberta.
purché la tenga al riparo, affinché non si sciupi.

bi

lunedì 27 febbraio 2012

(ché tanto il lunedì prima o poi finisce)

forse di lunedì non dovrei scrivere.
un po' come i parrucchieri, che si riposano il lunedì.
ché sono avvolta da un alone di malinconia mista a sadismo, il lunedì.
per cui vince il sadismo.
è che fino a ieri il mio sguardo era invaso da altri panorami.
se dobbiamo trovare la colpa al mio umore caustico, è loro: dei muri grigi che mi circondano oggi.
c'è poco da usare la fantasia: sono grigi. e pure tristi.
fino a ieri davanti agli occhi avevo le montagne: a tratti erano di un bianco accecante, a tratti di un marrone caldo, così irregolari eppure così coerenti.
più coerenti di quattro muri grigi. tutti uguali.
due sono state le parole d'ordine: incanto e stupore.
due sono quelle di oggi: ...no, meglio non scriverle.
appena fuori dal museo del lupo, ho fatto un giro nel recinto dove sta una giovane lupa in cattività.
(non ho chiesto perché si trovasse lì, avrei potuto ricevere una risposta che non mi sarebbe piaciuta).
sono stata quasi un'ora ad aspettare che la lupetta si facesse vedere...
sbirciavo in mezzo agli alberi, osservavo le impronte, poggiavo il mento sulle braccia conserte sopra al muretto della riserva...
ma niente. lei non l'ho vista.
il mio non è un capriccio: il mio è un desiderio vero.
come quando sul libro degli ospiti della guardia forestale ho scritto "il mio più grande sogno è incontrare in mezzo al bosco i cinghiali e i cervi".
va be', alla fine mi sono rassegnata e me ne sono andata.
ma la delusione è stata forte, ecco.
ero concentratissima, la mia mente era lì: io volevo assolutamente vedere il lupo!
se è vero che con la mente crei il mondo intorno a te, ebbene io volevo che la mia idea meravigliosa di lupo si facesse carne.
e ci pensavo ancora davanti alla vista del lago al tramonto.
era un tramonto azzurro, non rosso... fatto di colori freddi tipici delle montagne innevate, non caldo come le montagne estive.
anche l'odore era freddo, si sentiva che la temperatura stava scendendo sotto lo zero dopo una giornata tiepida e piena di sole.
due lupi: all'improvviso è chiaro a tutti noi che davanti all'orizzonte, lontano ma straordinariamente vicino, c'erano due lupi!
liberi! selvaggi!
altro che il lupo in mostra al museo per la sete e la curiosità degli ingenui come me.
due lupi, davanti ai miei occhi stupiti e al mio cuore impazzito, che hanno regalato ai fortunati presenti un momento della loro giornata: al tramonto -appunto-, il momento dell'abbeverata, un po' di relax prima della ricerca del cibo...
non potevo credere ai miei occhi!
e non potevo credere alle parole che uscivano come un fiume in piena dalla mia bocca!
e non potevo credere che io, proprio io, ero riuscita a realizzare un sogno: incontrarli.
non ho fatto niente per realizzarlo, se non andare in un posto che amo, in cui loro vivono liberi perché è il loro luogo, respirarlo, immaginarli e desiderare ardentemente con tutta me di incontrarli.
e loro sono arrivati.
sono stata più di un'ora lì, eravamo in tanti, tutti increduli, ma tutti in silenzio, rispettando il regalo che la natura ci stava facendo in quel momento.
li ho fotografati, ma soprattutto me li sono vissuti con tutti i miei sensi, compreso il sesto che li ha chiamati a me...
ci sono luoghi magici, quello è uno.
è sempre difficile abbandonare posti come quello, anche se sai che ci tornerai presto.
ve l'ho detto, la malinconia stringe il cuore come una morsa e non lo fa respirare.
e io oggi sto in apnea.
ma prima di ripartire, ho ricevuto un altro regalo: una mamma cerva e i suoi tre cerbiatti lungo il fiume.
anche con loro è stata la mia prima volta, erano anni che desideravo incontrarli.
quindi oggi non riesco a trovare belle parole, frasi emozionanti, e robe simili.
oggi prenderei un piccone e spaccherei questi quattro muri grigi che non hanno neve, non hanno alberi, non hanno vita.
ma -forse- li sto distruggendo simbolicamente raccontandovi la mia meraviglia.
sopravviverò, come sopravvivete anche voi tutti i giorni.
d'altronde se vedi la bellezza tutti i momenti, puoi non accorgerti di quanto sia straordinaria.
se invece la vedi solo a volte, pensi che senza non puoi vivere, ma solo morire.

(ché tanto il lunedì prima o poi finisce).

bi


giovedì 23 febbraio 2012

cambia.menti

ci sono delle cose che mi piacciono moltissimo.
tra queste, amo molto i cambia.menti.
per esempio, quando ero piccola non mangiavo carciofi e alici.
avevano i peli, gli aghetti.
non era un problema legato al gusto, ma al tatto-del-gusto.
(non so se mi spiego, ma per fortuna voi mi capite ugualmente).
ed ecco che ad un certo punto sono impazzita per entrambi, come se il mio senso del tatto-del-gusto abbia improvvisamente invertito tendenza.
sì perché non ricordo quando è stata la mia prima volta.
con i carciofi e le alici, intendo.
(ci dev'essere stata per forza la prima volta).
poi mangiavo soltanto le rosette.
detestavo le fette delle pagnotte di pane. per me il pane erano le rosette e basta!
le fette erano scomode, non erano simmetriche come le rosette...
non mangio quasi più rosette da un po', nel senso che non rientrano più tra le mie preferenze.
un tempo la mia mente era fortemente matematica.
al liceo, nell'intervallo tra noiosissime nozioni di storia e altre amenità di chimica, svolgevo studi di funzione... neanche fossero fette di pancarrè alla nutella per fare pausa...
vedevo nel mio futuro una mente come un calcolatore, mi vedevo come donna ingegnere, o come un'insegnante di matematica.
l'amore e la passione per la matematica non sono certo svaniti, ma sono diversi...
oggi vedo la matematica come fosse una filosofia, mi sono innamorata della sociologia e dell'antropologia culturale, che mi aiutano a sciogliere la mia radicata rigidità.
tuttavia la mia mente di oggi ringrazia quella di ieri per l'allenamento sostenuto ai tempi del liceo.
ascoltavo soltanto radio deejay, oggi non so neanche se radio deejay esista ancora.
non bevevo alcolici. ero astemia. dicevo di esserlo con una certa verve...
intendiamoci, non è che ora io sia diventata un'alcolizzata, ma certamente ho cambiato i miei gusti in fatto di bere, ecco.
ero tendenzialmente portata ad assecondare l'opinione altrui, dicevo sempre sì, i miei no erano pressoché inesistenti o molto rari.
oggi mi sento sicura di me e delle mie idee, nel senso che mi fido delle mie opinioni, dunque di me stessa, prim'ancora che degli altri.
in passato concepivo l'esistenza soltanto del bianco e del nero, il grigio era solo il colore delle mie t-shirt e delle felpe con il cappuccio.
non concepivo le vie di mezzo, mi sembravano una storpiatura, una mancata presa di posizione, una questione poco chiara.
oggi il grigio fa parte di molti ambiti della mia vita: da quando lo riconosco, i miei orizzonti si sono ampliati e hanno sete di ampliarsi ancora di più.
e possono farlo, perché l'orizzonte non è una questione che si espande a trecentosessanta gradi, ma si espande all'infinito.
amavo le simmetrie, le trovavo rassicuranti, mettevano un ordine in una realtà caoticamente complessa.
ora nelle asimmetrie ci ritrovo nuove possibilità, nuove sensibilità, nuove evoluzioni.
se una volta ritenevo che le parole potessero essere l'unica via di comunicazione, oggi ritengo che vadano ascoltati anche i silenzi.
il cambiamento fa paura, mostra una seconda possibilità, è un due di fronte a un uno...
ma è una grande opportunità che abbiamo il diritto (e forse il dovere) di concedere a noi stessi.
chi pensa che nella vita non si possa cambiare, si autolimita, ha paura senza ammetterlo e si circoscrive dentro confini troppo stretti.
i confini, volendo, possono anche non esistere.
i confini sono una convenzione.
senza di essi si vive, invece di sopravvivere.
siamo nel momento della luna in pesci, simbolo energetico di espansione e guarigione.
dunque cosa aspettiamo a cambiare?

(ah, non ve lo avevo detto? da un po' leggo quello che dicono a proposito della luna. un tempo pensavo che fosse una perdita di tempo farlo).

buon cambiamento, tornerò presto e un po' cambiata anche io.

bi



[foodscapes by carl warner]

mercoledì 22 febbraio 2012

did you know that butter is not made from butterflies?

- se tu fossi un animale, saresti una farfalla.
- come, anna?
- sì, una farfalla... ti sei mai chiesta, guardando una persona, se fosse un animale che tipo di animale sarebbe?
- no, mai... come mai dici che sarei una farfalla?
- guardandoti e conoscendoti, so che saresti una farfalla. io ti vedo così.
- che meraviglia... grazie, amore.

(qualche anno dopo)

- se un giorno dovessi rinascere, vorrei essere una donna.
- be', massi, saresti un privilegiato! te lo auguro proprio... io invece vorrei rinascere in un animale.
- un animale? e quale?
- una farfalla.
- come mai proprio una farfalla? ti sei scelta una vita da sfigata... le farfalle hanno un ciclo vitale molto breve: alcune vivono pochi giorni, alcune poche settimane, altre più fortunate qualche mese!
- ma una farfalla non sa quanto vivrà. neanche noi lo sappiamo, no? anche noi potremmo vivere solo pochi giorni o pochi mesi... senza saperlo con anticipo, dico. l'idea di rinascere farfalla mi fa sognare: ha le ali, è colorata, è bella... simboleggia leggerezza e libertà...
- bell'idea... però prima saresti un bruco. e anche un bruco ha vita breve e muore da povero bruco, un altro sfigato!
- sono perplessa, massi, non so come risponderti con parole mie... voglio citarti lao tzu:

"ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla".

a proposito di "riflessioni sulle farfalle", bi




[paesaggio con farfalle, salvador dalì]

martedì 21 febbraio 2012

il grosso pranzo di martedì grasso

- finalmente finisce il carnevale! l'ho sempre odiato.
- già, lo so... io invece sono già depressa perché non mangerò più queste frappe!
- pensa che l'unica cosa del carnevale che amavo da bambina era il gioco dell'uovo sodo.
- non me lo hai mai detto, credo...
- davvero? era un gioco che ci faceva fare mio padre. io ero la più piccola e avevo più o meno cinque o sei anni.
- e cosa vi faceva fare?
- ci metteva tutti di fronte al tavolo della cucina. poi metteva lì sopra qualche uovo sodo e bendava gli occhi a tutti. ci faceva girare su noi stessi per farci perdere l'orientamento, ma veloce, eh?
- ma dai! ma non me ne avevi mai parlato!
- sì! lo faceva con noi più piccoli, perché gli altri giocavano con le forme di formaggio... ma a noi non era concesso, perché rischiavamo di farci male seriamente... insomma, ci faceva ruotare su noi stessi per farci perdere l'orientamento e quando ci fermava noi dovevamo cercare velocemente le uova sul tavolo e tagliarle! chi le trovava, le vinceva e poteva mangiarle... erano sue! per noi era divertente, era un premio. e io potevo far vedere a mio padre quanto fossi svelta...
- ti manca sempre, ancora adesso... lo vedo mentre mi racconti...
- mi è sempre mancato. non averlo da quando hai nove anni significa ricordare la sua voce sbiadita, conservare ciò che gli altri ti raccontano di lui, piuttosto che quello che hai vissuto in prima persona (nonno paolo piaceva a tutti, a tutti)... è morto quando avevo solo nove anni e non l'ho avuto nei momenti più importanti della mia vita, quelli che ricordo meglio, quelli di cui conservo le fotografie, quelli che racconto alle mie figlie...
- sì, lo immagino... eppure mi hai raccontato questo, quindi perderlo a nove anni non significa che non tu abbia cose straordinarie da ricordare e raccontarci, mamma.

e ci siamo abbracciate.

bonne mardi gras...bi



lunedì 20 febbraio 2012

oggi vi racconto di Mia

era il venti febbraio, era il duemiladieci
c'era il sole, era mezzogiorno
questa è una storia d'amore, una di quelle che non ti aspetti
perché oggi è un anniversario, proprio di quelli da festeggiare
senza regali, ma con il cuore pieno d'amore
perché l'amore a prima vista esiste
quello tra una donna e un angelo anche
ecco, oggi vi racconto di Mia





era un mercoledì di febbraio, erano più o meno le cinque, era buio, pioveva molto, avevo l'ansia a mille.
arrivammo in un posto simile ad un lager nazista, di quello schifoso di t.
davanti ai nostri occhi una realtà raccapricciante: animali magri sparsi sotto la pioggia, sporchi, rinsecchiti, spenti.
tutti insieme: maiali, mucche, cavalli.
arrivò il bandito, sudicio e grasso, e ci portò dentro una scuderia.
e ci voleva una forte immaginazione per associare al termine scuderia quel posto schifoso.
un'anticamera dell'aldilà, abitato da piccoli esseri viventi votati (secondo me) alla morte.
ovunque regnavano sporco, umidità, penombra, silenzio.
sparso in giro del fieno marcio e lurido e del pane ammuffito.
gli animali mangiavano lì, tutti insieme quella stessa robaccia...
lui, il grasso, la va a prendere. e arriva LEI.
bagnata, sporca, con sopra una coperta ancora più inzaccherata.
magra, troppo, e quasi isterica, con due occhi sbarrati -neanche avesse degli spilli a tenerli così aperti- ed impauriti.
lui, il grasso:
"eccola, è un'anglo-araba, è di razza. da giovane faceva la gare, ma è strana. non vuole mangiare e si agita sempre. è una difficile, ma se sai monta' bene vai benissimo. voglio ... euro."
odio: ho provato odio. e ribrezzo, anche. e avevo il flusso del sangue accelerato, l'ho sentito affluire veloce in testa.
gli dissi caustica:
"so benissimo chi è lei. sono qui solo per salutarla".
gliela tolsi dalle mani.
era agitatissima, girava su se stessa intimorita, scattava avanti e indietro.
rimanemmo lì un'ora, io lì davanti a lei.
nel frattempo si stava calmando ed io cominciai a darle con le mani quella roba terribile da mangiare.
e lei cominciò a mangiare.
la riempii di carezze, mentre con il muso si sfregava su di me.
un'ora, non di più, e la salutammo...
e salutammo lo schifoso. anzi, io credo di non averlo fatto, e uscimmo dalla scuderia.
io avevo infilato il cappuccio in testa e camminavo a testa bassa...
un altro addio con lei, il secondo, e di nuovo avevo le lacrime come la prima volta.
eravamo state insieme qualche mese, poi io me ne andai.
e lei mi salutò, nitrendo, chiamandomi...
quel giorno di febbraio di nuovo la salutai mi voltai e me andai.
ad un tratto, silvia mi disse:
"girati immediatamente".
lei era lì, in piedi, orecchie dritte, l'unica con la testa alta mentre tutti stavano mangiando.
era lì immobile e piena di bellezza: guardava dritto verso di me.
sono corsa da lei, l'ho abbracciata e accarezzata e in quell'istante ho capito che l'avrei portata via con me.
che sarebbe diventata mia, di mia proprietà. e Mia, di nome.
il sogno di una vita si stava avverando.
da quando ero bambina disegnavo cavalli, teste di cavalli, zoccoli di cavalli, criniere di cavalli...
ma soprattutto da quando avevo incontrato lei nessun cavallo era più bello, nessuno aveva i suoi occhi, nessuno suscitava in me il sentimento d'amore e di appartenenza che mi ispirava lei.
arrivò il sabato, il venti febbraio appunto, e splendeva un sole bellissimo.
poco dopo mezzogiorno arrivò lei: MIA!
sporca, malmessa, infreddolita, senza coperta, con una ferita sul muso...
ma bella, regale, piena di luce e di energia!
aveva capito benissimo di essere arrivata nella sua nuova casa e di non essere più sola.
quindi oggi sono per noi due anni insieme.
e siamo felici, entrambe.
e lei sta bene, diventa sempre un po' più vecchietta, ma è di una bellezza splendente.

buon anniversario, Mia... che anche io sono tanto tua.




una felice Bi









venerdì 17 febbraio 2012

le schiave del sesso

le parole sono importanti, dannazione.
ma poco importa a noi esseri assuefatti e superficiali.
perdonate il mio nervosismo, ma siamo nei giorni della luna fredda e ciò influisce molto nel mio equilibrio.
chi sono le schiave del sesso?
leggendo un articolo, un giornalista si riferisce alle schiave del sesso parlando delle prostitute sfruttate.
mi infastidisco. mi infastidisco molto. mi infastidisco troppo!
non sono le donne, che sono più o meno costrette a prostituirsi, ad essere schiave del sesso.
lo sono gli uomini, che uomini non sono, perché devono pagare per consumare del sesso!
si perché è una vita -anzi, molte vite- che sento parlare di put... meretrici (mi sono autocensurata) in modo pregiudiziale e stereotipizzato.
della vergogna di averle per le strade più o meno svestite, tanto da essere in imbarazzo a passarci davanti con i propri figli (come se invece non fosse una vergogna farli vivere in questo mondo corrotto e marcio tutti i giorni).
del fatto che il loro sia un mestiere vergognoso (come se invece fare il dentista e non emettere un mare di fatture sia più dignitoso, maledizione!)
sono stufa di sentire la gente che parla della piaga della prostituzione e non parla invece della causa di questo fenomeno: l'individuo che paga per avere sesso.
è così, io ritengo che esista merce da vendere solo dopo l'esistenza di un cliente pronto a pagare per averla.
la gallina è colui che è disposto a pagare per avere sesso (= cliente).
l'uovo è colei che viene mercificata per soddisfare le esigenze di un cliente (= merce).
è la gallina che fa nascere l'uovo!
vi invito a cambiare prospettiva, punto di vista, giudizio, o come volete chiamarlo.
in nome di una dignità da restituire a livello morale all'entità della donna.
e non venite a dirmi che le chiamano schiave perché vengono sfruttate, perché non sono loro a scegliere, perché la loro è una condizione di schiavitù.
a questo ci arrivo da sola, ma sto andando oltre.
la questione è un'altra e quindi io non le chiamo schiave del sesso.
io chiamo schiavo l'essere lurido disposto a pagarle.
schiavo della sua notte.
schiavo del suo buio.
schiavo di se stesso.

bene, la mia dose di polemica giornaliera l'ho vomitata.
ma sapete che c'è?
ne vado fiera.
perché non sono uno zombie.
sono viva.
buon venerdì diciassette di luna fredda a tutti. amen.

bi

(vi lascio la foto della dea artemide, che ha un grande significato per ciascuna donna).



giovedì 16 febbraio 2012

street art will save us

oggi ho provato sette volte a scrivere.
e ho cancellato tutto.
sono troppo polemica in questi giorni, perché sollecitata dall'agenda setting dei media.
sì, perché uno si illude di alzarsi la mattina e pensare a quello che gli pareeppiace.
ma non è così.
certamente per me.
intendo dire che io non vorrei pensare a monti, draghi, spread, moody's.
o a san valentino (chi lo critica e fa molto rock, chi lo ama ed è troppo pop), celentano che viene prima chiamato poi pagato e poi smerdato dalla rai (potevano chiamare -che so- emilio fede, tanto non avrebbe dovuto cantare), la magna grecia che instilla il presagio della prossima caduta della giovine italia, la syria (cioè in realta della syria non gliene frega niente a nessuno in occidente), i cacciabombardieri che compriamo senza avere un euro nei bilanci statali, bla bla bla.
insomma, ho cancellato sette possibili post e mi sono detta che oggi penserò e parlerò per immagini.
e ce n'è una che ha rubato la mia attenzione questa mattina.
per me ha un grande senso: ogni tanto usiamo a lingua anche per altro.
che ognuno trovi il proprio.

street art will save us!
bi


mercoledì 15 febbraio 2012

Harvest














 Harvest. Neil Young, 1972.

lo so, fa ancora freddo, freddissimo. la neve ancora non si è sciolta ed io sono qui a scrivere di un album che richiama al raccolto. il richiamo me lo fornisce la luna in sagittario, che mi dice gentilmente di proiettarmi verso il futuro, con slancio ed ottimismo, di pensare che presto sboccerà improvvisa la primavera, e poi, sinceramente, ne ho pure molto bisogno.
oggi è una di quelle giornate da prendersela col mondo intero, con gli astri e con la vita che si accanisce, pare ingiustamente, pare dico, perchè pare pure che la vita, lei, abbia sempre ragione. così diceva R.M. Rilke.
allora scelgo di reagire, metto su Harvest, mi accorgo che compie 40 anni quest'anno e che LUI, non avrà la solita crisi di quasi mezza età o crisi di presunta fine giovinezza, come prende a noi umanoidi. LUI è un capolavoro, ed è eterno, viaggia attraverso le stagioni, senza neanche una rugha, lui si, è un raccolto perenne, e possiamo ancora raccogliere  le emozioni che ci ha dato al primo ascolto.

Dicevo, faccio una pausa dalla tempesta interiore, per far emergere dalla memoria il ricordo lontano di come l'ho scoperto.
forse avevo 16/17 anni. ero dal mio dentista, eh si, lo so di solito è un postaccio brutto quello, ma io ero incappata in un dentista che poi per un pò è stato anche una sorta di amico, un confidente, una guida, e uno che forniva ottima musica oltre ad ottimi consigli. mi disse lui che non potevo vivere senza Harvest. lo comprai subito, in musicassetta originale. aveva ragione, mi colpì al cuore subito, fu un vero colpo di fulmine. mi ha accompagnato spesso in viaggio, e mi ha ricordato che esistono le stagioni, ma sopratutto che luna è sempre lì, placida che ci guarda. io lo lego alla luna e non so perchè, è un disco che sento fortemente lunare, ma non posso, non so spiegarvelo. quando sono di luna, cioè sono in un momento lunare, metto su questo capolavoro e mi scaldo l'anima. credo che l'armonica sia nata per scaldare il cuore dei pellegrini dell'anima come me, e sai, quando ti abiutui a quel suono, mentre viaggi, poi non vai tanto lontano senza il suo suono.

40 anni...fa venire voglia di fare bilanci eh? ma no, non fatevi cogliere da questa terribile operazione della mente umana. detesto i bilanci, che senso hanno, oltre a farci deprimere su ciò che non abbiamo vissuto? che senso hanno oltre a quello di farci giudicare la vita e le azioni compiute o no, per sottrazione o addizione?
credo che si semini continuamente e che continuamente si raccolga, è solo una questione di imparare a farci attenzione. e poi si sa, quello si, arriva la pioggia, la neve, la grandine, il vento, e tutto sembra saltare per aria e si deve ricominciare, ma non si ricomincia mai dallo stesso punto, è un'illusione pensarlo.
e poi lo sapete no? arriva di nuovo il sole e il vento frizzante, e il caldo e il giallo abbagliante dell'estate, e i grilli la notte a cantare e le farfalle e tutte quelle cose belle lì. e le lucciole la notte a illuminare, eh si, sono tornate, non fatevi incantare dai nichilisti. loro ci sono ancora, si erano solo un pò nascoste.
mentre le aspettiamo, le lucciole, le farfalle e tutte quelle creature divine che ci ricordano, che siamo sopravvissuti al Signore dell'inverno, nel mentre dicevo, facciamoci scaldare un pò dalla musica, e non quella di Sanremo, per carità, ma quella che ha fatto la storia,  quella che da 40 anni pieni pieni e tondi tondi è ancora qui, intatta, come questa luna di mietitura che sto sognando, per cullarmi e scongelarmi il cuore intirizzito dall'inverno e dagli eventi.

Di.





martedì 14 febbraio 2012

a gio vanardi

gio vanardi,
ah vecchio gio vanardi!
detesto da una vita quelli come te
e continuerò a farlo finché ti alzerai la mattina
e continuerai a defecare dalla bocca.
ricorda, gio vanardi, c'è un foro per tutto:
ecco, vedi di non sbagliarlo.
in uscita, dico, che in entrata puoi fare come ti pare.
che a "Noi" - un "Noi" che ti esclude, evidentemente
dicevo, a "Noi", che non badiamo alla forma ma alla sostanza,
tu susciti pietà e compassione a prescindere da qualsiasi gusto sessuale tu abbia.
caro gio vanardi, "Noi" ti dedichiamo questa foto, con tutto il nostro cuore.



(con tutto il cuore, quello che "Noi" abbiamo e che a te manca).
e te la dedichiamo oggi, ché ieri parlavano in troppi di te e c'è pericolo che oggi qualcuno già si possa essere dimenticato di te e delle tue eresie da cialtrone quale sei.
tanto tu sarai uno dei pochi in questo mondo ad avere lo stimolo di andarla a fare da qualche parte alla vista di questo bacio.
guardando questa immagine, "Noi" ci emozioniamo anche per quelli sterili come te.
buona vita, gio.
intendo un'altra vita, ovviamente!
perché in questa sei F O T T U T O.

bi

se ti chiami irene, sei fortunata.

se ti chiami irene, sei fortunata.
eppure sono certa che tu sia fortunata ugualmente, anche se non ti chiami irene.
non è esattamente una questione di genere (percarità!), ma piuttosto di valore, sensibilità ed energie.
e anche di ormoni, sì.
lo ammetto, ho un tremendo debole per le donne.
nella mia famiglia siamo da sempre in maggioranza, noi donne.
più longeve, più forti (anche fisicamente), più regali, più presenti, più e basta.
quando parlo di famiglia, parlo del ceppo materno.
(sarà sempre per il mio debole, credo, come anche per il bene scambiato).
anche gli uomini hanno la loro porzione femminile e, se sono fortunati ed intelligenti, la riconoscono, la accolgono, la coltivano, la mostrano.
mi premuro di specificare che non mi riferisco alla sessualità, né al corpo fisico di ciascuno.
(ma voi, amici fedeli di radica.menti., siete più perspicaci e sensibili di me e lo avete certamente capito fin dall'inizio).
orsù, visto che oggi tutti parliamo d'amore, perché ce lo dice il consumo, google, barbara d'urso, il tgcinque e pure il frate benedettino che ha associato al martire valentino la festa degli innamorati (hai capito 'sta chiesa cattolica che pensieri carini?), vi regalo una canzone.
(che neanche spendo soldi, per una questione di principio come potete ben intuire, visto che mi conoscete).
parla di irene, ma per me parla della specialità di alcune creature umane, e a prescindere dal genere.
per cui siete autorizzati a cambiare il termine donne con quello di uomini, per l'appunto.
insomma, fate come vi pare, andate anche oltre le parole e dite grazie a dente che ha scritto questa bellissima canzone.
scappo, io devo tornare sulla terra (se no che razza di radica.menti. sarebbero questi?)

vostra (ma soprattutto mia) bi.





"questa donna non è una donna
questa donna è un miracolo
per il modo che ha
di morire e poi rinascere
di moltiplicare i baci
starmi accanto anche quando è a casa sua
far muovere i miei occhi
di capire tutto ciò che ho
darmi tutto quello che non ho
di non sapere che non è una donna
di non sapere che è un miracolo
ninininiririri"


(ninininiririri ve l'ho lasciato perché chiude in bellezza, perché di bellezza abbiamo parlato oggi).

lunedì 13 febbraio 2012

medit-azione

una serie di congiunzioni mi rendono (per vostra fortuna) particolarmente ermetica
è lunedì è la vigilia di quel santo sfigato di valentino io sono sveglia dalle quattro reduce da uno smembramento psicofisico ieri sera la luna è entrata in scorpione
ma soprattutto comincia per me una settimana di preparazione ad una grave lutto
tra otto giorni sarà martedì grasso e finiranno le frappe
mi sembrano tutte ottime ragioni per lasciarvi in meditazione e aiutarmi a superare il trauma

ciononostante, vi lascio con un gioco da fare
(l'ho trovato, non è roba che ho partotiro io)



vedete questa foto?
stampatela
tagliate al m
ruotatela di centottantagradi
rileggete
e meditate ancora di più di prima dimenticando un attimo le frappe
poi potete chiedervi se siete o no innamorati
e di chi

addio, bi

sabato 11 febbraio 2012

“Chi ama basta a stesso ed è fulcro perché l’altro possa elevarsi, non ha bisogno di nient’altro per divenire.”







“Allora Stefania tra i colori primari neutri e secondari quali preferisci?”
“Il primo colore che mi viene in mente è il blu. È il blu etereo che è fuori, è cielo ed è ovunque. È una sorta di “calma di tutto” dove ritorno e da dove parto.
Quando dipingo, se utilizzo il blu, allora tutto diventa blu… esso deve essere, in qualche modo, puro. In genere lavoro con colori che richiamano l’elemento terra, tinte calde che si mescolano e si fondono… Il blu è qualcosa di assoluto, una sorta di accesso verso una dimensione eterea, eppure percepibile e reale.
Poi, tra i colori primari, il rosso: è focalizzato e parte da un punto, viene da dentro ed ha la capacità di bastare a se stesso, non serve altro a supportare la sua esistenza, è una presenza ed anche un avvento, qualcosa che annuncia un divenire certo. Quindi il rosso ha anche una componente dinamica, la capacità di fuoriuscire, di emanare continuamente dalla sua sorgente stabile. Si associa spesso l’amore al rosso… in realtà questo colore ha una componente molto intima… dipende da cosa si intende per amore; per me il rosso è attività, l’emanazione di una energia che, partendo da me si rivolge all’esterno”. Domando se l’amore ha sempre bisogno dell’altro per evidenziarsi nella sua vera essenza, e lei senza troppo rifletterci risponde: “Chi ama basta a stesso ed è fulcro perché l’altro possa elevarsi, non ha bisogno di nient’altro per divenire.”
“…poi il bianco: è, per me, il tutto e il nulla; esso può divenire qualunque cosa o essere la superficie, lo spazio, il luogo dove tutto accade. Il bianco è il luogo delle possibilità. È la fucina della creatività. E’ anche collegato alla purezza, è l’inizio di qualunque cosa, la nascita, la possibilità di ripartire da un punto nuovo dove non c’è rimasta traccia del passato.”
“Ora dimmi quale colore ha la Stefania bambina?” “Il bianco, sicuramente: immagino il bianco della lana, un bianco panna, morbido, dove si affonda, un bianco caldo”.
“E il colore della Stefania adolescente?” “È sempre bianco, un bianco più freddo, luminescente e pieno di riflessi, mi viene in mente la seta e la sua luminosità.”
“E il colore della Stefania adulta e quindi attuale?” “Credo sia sempre lo stesso, un bianco di seta. In realtà non credo di poter dare un colore all’ adolescenza, è un periodo che non riesco a definire con chiarezza… per me è stato un tempo in cui le cose succedevano e non c’era spazio per fermarsi e pensare, la stasi mi produceva una inquietudine profonda , non riuscivo a stare in casa perché avevo la sensazione di essere enorme e gli ambienti che mi circondavano troppo piccoli per contenermi: andavo a studiare all’aperto, sulle panchine, anche d’inverno…
Quando penso alle tre età della donna, o alla donna in se, mi viene spontaneo pensare ad un segreto, qualcosa di fondamentale ed eterno che non va svelato nè scoperto, ma custodito e vissuto. Io non potrei definirmi adulta; in questo tempo mi vedo come dentro un flusso, che credo sia la vita, con tutto ciò che accade, che è accaduto o accadrà. In questo flusso mi piace avvertire la mia presenza, il mio esserci in modo totale. Alla vecchiaia, se esiste, associo il bianco della luce, quella luce che, filtrata da un cristallo, si scinde in tonalità vibranti e rivela che c’è un universo racchiuso in ogni cosa.”
“E cos’è dunque per te la morte Stefania?” "Adesso penso alla morte come l’ultima esperienza, sia sensoriale che emotiva, la penso come un momento tranquillo, nel quale ha inizio un’ evoluzione, forse l’ ultimo viaggio, una sorta di definitiva, totale emanazione. Non penso mai a quello che c’è dopo.”
“Qual è la tua concezione di bellezza?” “La bellezza è riuscire a far coincidere la parte interiore e quella esteriore, non è artificio, è frutto di una volontà… e si fa per amore, di se e degli altri. In pittura credo la bellezza scaturisca dalla coincidenza tra l’immaginare, inteso come ricerca costante nella realtà e dentro di se, e il vedere.”
“La bellezza era Afrodite, Venere madre di Cupido, Eros che, secondo Esiodo, ella generò con Ares, Marte, dio della guerra; qual è il tuo concetto di eros Stefania?” “L’eros è l’energia che emaniamo continuamente ed è riferita a qualunque cosa.
E’ l’amore che si fa realtà e consapevolezza è l’espansione della volontà, della passione”.
“Qual è dunque il tuo concetto di guerra, cioè di Ares?” “Ares per me è il fare, è una furia, è impeto, non contrasto o lotta, né tanto meno guerra è piuttosto la realizzazione di un idea. Ares è la volontà e la passione che agiscono. Quando dipingo Ares è confronto con se stessi e con la materia: terre, colori, acqua, grafite, malta e gesso sono gli elementi e le armi che Ares organizza per dar figura all’immaginario, per creare Bellezza”.
“In definitiva è come se l’artista ogni volta che, consapevolmente o meno, genera bellezza permette ad Ares di amare Venere e di generare ancora Eros?” “Credo sia così”.
“Ma c’è un altro elemento che a questo punto fa riflettere: l’essenza di Psiche, la principessa bellissima che amò Eros; una favola d’amore descritta da Apuleio e immortalata, nel marmo di Carrara, da Antonio Canova. Dov’è Psiche nei tuoi dipinti?” “Psiche è la trasparenza”. Risponde Stefania. In effetti se Psiche è l’interiorità, l’anima che diviene figura eccelsa e Dea per mezzo dell’amore per Eros, nel caso di Orrù la trasparenza rimane spazio immateriale, effimero, ma nelle sue opere si colora e dà equilibrio alle masse opache, pur mantenendo la sua fisionomia eterea.


Per chi, come me, si sente un colore bianco.

Solo attraverso le sue parole e attraverso la visione dei suoi quadri potevo farvi incontrare Stefania Orrù.
Ritrovo molto di me in lei: dal suo modo di vedere l'arte, a quella della donna in tutte le sue fasi di vita, a quella dell'amore.
Ritrovo me, nei volti delle donne dei suoi dipinti, nella rappresentazione dei loro corpi come scrigni sacri.
Ho conosciuto la sua opera attraverso Silvano Agosti, come quasi tutte le cose straordinarie che ho incontrato nella mia vita.
È marchigiana, come tutti i miei avi. E trovo un legame profondo, con la mia terra lontana, che così poco vivo e così tanto mi manca.

Da bambina disegnavo tantissimo, continuamente, forsennatamente. Dicevano che ero brava, attaccavano i miei disegni nelle pareti, a scuola. Ho disegnato fino ai 14 anni, poi ho smesso. Non ho più toccato nulla, né un foglio, né una matita, né un colore. Il tragico passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza mi ha segnato profondamente. È una lunga ferita che ancora mi attraversa. Sognavo di diventare una pittrice e una poetessa, e di vivere in campagna coi miei cavalli.
Ho ripiegato scrivendo. A 12 anni cominciai a scrivere le mie prime poesie. Ma non credo sia la stessa cosa. Le parole non mi appartengono davvero, ed io non appartengo del tutto a loro.
Guardo Stefania e l'ammiro, provo una sorta di benevola invidia, perchè avrei voluto anche io riuscire a comunicare in quella straordinaria lingua dei colori.
Spero di poter vedere una sua mostra presto, spero di poter incontrare il suo sguardo. Spero di poter avere un giorno, i soldi per comprare un suo quadro, o forse no, non saprei quale scegliere...

A questa creatura che con una straordinaria spiritualità sensuale rappresenta il nostro complesso ma bellissimo universo femminile.

Questo è il link del suo sito:  http://www.stefaniaorru.com//

Vi consiglio di vederlo, di leggerlo, di viverlo.

Di.

http://www.stefaniaorru.com//




venerdì 10 febbraio 2012

lettera da more (sì, senz'apostrofo)




a bi.

mia cara esile piccola creatura,
ti amo da quando ti ho visto per la prima volta riflessa in quello specchio tondo e bianco.
e ti ho ri-conosciuta, e ti ho sorriso, e ti ho parlato.
mamma luce ti poggiava tutti i giorni sopra la lavatrice, adagiata sul vasino dei piccoli rosso con la margherita bianca al centro (a fare che lo sai).
e tu, annoiata di non poter parlare con nessuno, ti affacciavi allo specchio e facevi le smorfiette alla tua effigie riflessa.
sì, capisco di non evocare esattamente la stessa immagine di bellezza e di mitologia di narciso, però ti assicuro che ciò è un grosso vantaggio per te!
ti osservavo sfilare leggera e silenziosa nelle vie della casa dove sei nata, in cerca sempre di uno specchio.
e mi rendevi felice, perché io in questo modo potevo ammirarti.
trascinavi il tuo grosso elefantino bianco e rosa, un po' sporco e malridotto e rotto, mentre facevi lunghi discorsi filosofici al tuo fedele bambolotto nero e riccio.
ecco, lui proprio mi suscitava una forte gelosia: avevi quasi occhi solo per lui, quel fanatico in maglietta a righe rosse gialle... e non ricordo che altro colore.
restavo d'incanto quando nel terrazzo della casa in montagna giocavi protetta dal fazzoletto sulla testa con i fiorellini e aspettavi che passassero le mucche: salivi e scendevi quelle scale ed io ti guardavo con il terrore che potessi farti del male.
nonna anna ti sgridava sempre quando, passate proprio le mucche, ti mettevi a correre e gridare che volevi andare via con loro...
eri bella quando a nove anni strillavi lungo l'ospedale perché finalmente era nata tua sorella, colei alla quale parlavi prima che nascesse la sera a letto sotto la libreria e il quadro dei cavalli.
o quando eri al mare e ti schifavi quando le onde arrivavano a toccarti i piedi...
e stringevi la mano di papà angelo, perché in realtà quello che provavi non era schifo, ma paura dell'acqua!
ma una testarda come te, allora non avrebbe mai potuto ammetterlo.
anche lì indossavi sempre quel fazzoletto colorato che ti proteggeva il capo.
avevi un modo di camminare un po' goffo ed incerto, quasi avessi fastidio a poggiare i tuoi piedi a terra.
e pare che tu lo faccia ancora oggi...
e allora sbatti i talloni, cammini a passi rapidi e allungati, come a sfoggiare due lunghe gambe muscolose che proprio non hai.
una delle tue amiche ti chiamava napoleone per questo, che poi era bassino proprio come te.
l'eleganza del riccio è la tua, uno stile un po' grezzo e poco raffinato, ma sicuro e gentile.
adoro quando ti arrabbi e mostri la ruga al centro degli occhi vivaci e luminosi, mentre arrossisci in viso per l'irritazione e pronunci frasi e vocabili impronunciabili in una lettera d'amore.
ti arrabbiavi così anche al liceo, mentre all'ora di religione si discuteva tutti insieme di temi importanti della vita: ti alzavi in piedi in preda ad una crisi di nervi per esprimere la tua opinione controcorrente.
e gridavi in modo nient'affatto educato contro gli altri...
il tuo non era andare contro le convenzioni, ma sentirti viva.
e questo lo vedevo e mi piaceva da matti!
ti sei sempre lamentata del tuo naso pronuciato: mai ti mettevi di profilo di fronte alle persone, neanche davanti a me.
un naso scomodo, un po' largo, un po' curvo, ma pieno di profumi e di odori di vita.
finché non ti ho convinto che somigliassi a dante alighieri e che quel naso potesse essere un dono e non un disvalore: da allora ti sei detta che forse un naso piccolo avrebbe stonato con la tua personalità spigolosa.
mi piace di te tutto ciò che a te non piace di te stessa.
le tue imperfezioni fisiche, i lati evidentemente antipatici del tuo carattere, il tuo modo di aggredire me e gli altri se ti toccano alcune corde profonde, il tuo sorriso genuino e sincero (sincero anche quando manca), la tua generosità e il tuo cuore grande, la tua permalosità e rigidità.
mia adorata, ricorda che non occorre piacere a tutti.
questo è un inganno e una presunzione nei quali non devi cadere!
ama! prima di ogni altra cosa, sempre e a prescindere, anche quando ti verrebbe di odiare.
voglio che tu rammenti ogni giorno che è e sarà sufficiente piacere a me, che ti guardo in ogni istante in cui ti specchi...
e ti trovo così imperfetta, così buffa, così semplice, così bella.

con amore, tanto
tua 2b     

[immagine di t.c.gotch]

giovedì 9 febbraio 2012










Fai del mio corpo ciò che vuoi
la mia pelle è sacra
è tela intatta
da dipingere
da scrivere
non ha più padroni
non ha più appartenenze
nè territori

Il mio amore è libero
così libero da non voler possedere
così libero da non voler più essere posseduto.

a Pà

Tua Ninè


Di














mercoledì 8 febbraio 2012

"donne non si nasce, si diventa" simone de beauvoir

"a barbara. perché donne non si nasce, si diventa (simone de beauvoir). baci, maura".

con queste righe, maura quel giorno mi scrisse con infinita dolcezza la sua dedica sulla mia preziosa copia di "piacere maria".
era il suo esordio, il suo primo romanzo.
ero andata alla sua presentazione piena di entusiasmo: ciò che amo di più in queste occasioni è avere un contatto diretto con un'entità quasi metafisica, quella dello "scrittore".
maura non la conoscevo, eppure mi ha accolta con un calore ed un ardore fuori dal comune.
capii all'istante di avere di fronte una donna speciale, una grande rivoluzionaria, una che la lotta le brucia fino nel midollo...
partecipai con grande interesse al dibattito sull'omosessualità, perché di ciò si parlava.
già con il suo primo libro, maura aveva dato voce ad un argomento quasi omertoso, di cui (ancora oggi) quasi si teme di parlare e su cui molta gente ancora non è capace di esprimersi o di prendere una posizione.
"piacere maria" parla di sesso, di dolore, di un'anima che si cerca e si trova in un corpo che odia e ripudia.
è la storia di maria, ma potrebbe essere quella di molte altre persone in cerca di pace con la propria esistenza.
l'ho abbracciata, forte, con grande emozione.
ho conosciuto giulia, la sua bellissima e dolcissima fidanzata, e ho ammirato incantata l'aura del loro amore, la forza di un sentimento capace di andare oltre le inutili apparenze ed i rigidi schemi della kalokagathia.
un amore che la società giudica con pregiudizio ed ignoranza, invece di vivere con poesia.




ho rivisto ancora una volta maura e giulia: un pomeriggio d'estate, via del corso, la presentazione del suo secondo libro "maledetti froci & maledette lesbiche".
quel titolo e quelle pagine sapevano ancora di più di rabbia, perché tratteggiavano i contorni dell'omofobia, della violenza, del razzismo e davano voce alle vittime che voce in questa triste società non hanno.
l'ho abbracciata ancora una volta, forte.
mi sono complimentata con lei per il suo coraggio e per l'ardore con cui denuncia al mondo perbenista una differente condotta di vita.
ecco, differente... (ci vuole così poco per scegliere le parole giuste...)
sentirla parlare mi emozionò di nuovo molto e di nuovo feci la fila per avere la sua firma e le sue parole scritte a mano sulla mia copia del suo secondo libro.
ancora una volta parole dolci, attente e profonde, parole che cercano in molti ma che trovano in pochi.
incontrarla, conoscerla, leggerla ha donato alla mia vita due occhi nuovi e ancor più vivi e vivaci!
tutti dovrebbero conoscere maura, tutti dovrebbero ascoltare la sua storia di dolore, tutti dovrebbero sapere del suo amore per la vita e per la sua compagna, tutti dovrebbero immergersi nel profondo di un mondo che ha bisogno soltanto di essere conosciuto ed amato.
nient'altro.




oggi maura ha scritto un nuovo libro: "out".
non voglio sapere di cosa parla, voglio che nessuno mi tolga la sorpresa del mio viso e delle mie mani quando lo apriranno e lo daranno a lei per un altro autografo!
sono pronta alla sua terza dedica per me...
da te, cara maura, imparo molto tutti i giorni.
da te tutti i giorni il mondo riceve una particella in più di amore e di tolleranza.
è così che si scrive la storia.
chapeau.
ti voglio bene e ti stimo come sai.

bi.

                                                 Sirene






 a Bi.



Chissà
forse siamo state anche sirene
abbiamo viaggiato fluttuando, negli abissi dell'anima e delle ere
forse i venti e le maree ci hanno avvicinato e separato, a loro piacimento
forse c'è ancora ogni traccia del nostro passaggio su questa terra
in qualche pietra intatta, nel fondo del mare.
e noi...che ci siamo sempre riconosciute 
scrivendoci
dipengendoci
fotografando i nostri piedi e i nostri passi nel mondo...

Di.









lunedì 6 febbraio 2012

ilaria

ho incontrato ilaria il cinque giugno duemilaquattro.
io stavo per compiere trent'anni, un'età che mi metteva ansia (l'ansia vera), e lei ne aveva già trentacinque.
ilaria sembrava aver fatto pace con il mondo intero, sembrava non averli mai compiuti quei trent'anni.
ilaria è una donnina esile, slanciata, mora, dalla pelle diafana e liscia, le mani magre forti e avvolgenti, un sorriso di una dolcezza infinita, uno sguardo di amore e di pace forse mai incontrati prima.
l'incontro con lei è stato quasi un innamoramento, una specie di catarsi.
ilaria è fisioterapista, bolognese, frizzante, vivace, estroversa, forte e determinata.
ilaria è appassionata di musica e di canto, suona il flauto traverso come fosse un prolungamento delle sue lunghe braccia e della sua bocca e ha una voce celestiale come fosse un angelo.
ilaria studia, tutti i giorni, prenderà una seconda laurea in sociologia.
ilaria lavora molto, tutti i giorni, nel suo giardino e non solo.
ilaria tutte le mattine alle cinque è in piedi e la sera si corica presto perché è stanca.
ilaria l'ho abbracciata, stretta, forte, con le lacrime agli occhi, mentre ci separava soltanto un cancelletto all'altezza del nostro bacino.
ilaria è una monaca di clausura, vive da quindici anni in un monastero al centro di roma che sembra stare al centro del mondo.
io sono andata lì e ci sono rimasta tre giorni.
senza cellulare, senza contatti con il "mondo fuori", senza troppi inutili vestiti, senza pretese, senza giudizi, senza chiedere nulla.
quei giorni sono stati la mia esperienza mistica, il mio contatto con la mia fragile anima nascosta e ancora un po' sconosciuta, la mia ricerca di contatto spirituale con dio.
lì il vaticano è lontano, non se ne percepisce neanche l'esistenza.
esiste soltanto un tempo scandito da preghiere e canti, da lavoro e studio, da contemplazione e ascetismo, da vita fuori e dentro.
fino ad allora la mia idea della clausura era densa di pregiudizi populisti ed ignoranti e, come i più, credevo che fosse inutile dedicare la propria vita lontano dal mondo, un mondo che ha bisogno di aiuto "materiale" e non mistico, mi dicevo.
perché mai una monaca, invece di partire per uno dei paesi del terzo mondo e dare il proprio contributo alla povertà vera, sceglie di chiudersi rispetto al mondo stesso e di fuggire dalla sofferenza del materialismo?
ah, quante considerazioni gratuite, inutili e superficiali escono dalla nostra bocca di poveri stolti ignoranti!
quanto limitati siamo nel nostro sentire, nel nostro osservare, nel nostro pensare...
in quei giorni ho toccato con mano la potenza della meditazione, della preghiera collettiva, della celestialità delle voci votate al canto e di quelle note musicali che sembravano baciarti e donarti pace!
ilaria ha parlato a lungo con me, io e lei da sole, sedute in una stanza calda e illuminata dal sole, sorridenti, senza fretta, felici, divise da una porta che si schiudeva per metà.
c'è sempre un elemento simbolico che separa ilaria e le altre dal resto del mondo, un interstizio che indica il luogo nel quale queste grandi differenze si incontrano e parlano tra loro.
abbiamo parlato di me, di lei, della vita, del nostro incontro, dei miei progetti, dei suoi e di molto altro.
non sembrava neanche che fosse la mia prima volta con lei, sembrava che avessimo parlato in quel modo altre mille e mille volte.
in lei ho trovato una parte molto bella di me, che tuttora custodisco gelosamente.
in lei ho trovato risposta ad alcuni interrogativi, o forse ho capito quali domande pormi in quei giorni.
ci siamo salutate con un abbraccio pieno di stima e di amicizia e ci siamo ripromesse di restare in contatto.
ci siamo scritte delle bellissime lettere e ci siamo riviste molte altre volte, perché lì ci sono tornata spesso, anche solo per un'oretta.
e lei mi ha sempre accolto come se fosse lì soltanto per aspettare me.
da quel giorno non penso più che la preghiera sia inutile e che la clausura sia fuggire, perché un poco l'ho vissuta.
e mi indigno se sento qualcuno che lo dice, senza sapere di cosa e di chi parla.
presto tornerò ad abbracciare ilaria e sono certa che la troverò lì, sotto le arcate del chiostro, come se non avesse nient'altro da fare che aspettare me.
grazie ilaria, non ti dimenticherò mai.

bi

p.s.: ho parlato al passato soltanto nelle primissime righe, perché ilaria e quel luogo per me sono ancora presente.




domenica 5 febbraio 2012

Oggi ho solo domande.
Oggi ho solo un numero indefinito di perchè, da urlare al mondo.
Forse perchè non dovrei scrivere quando la luna è in cancro, opposta al mio segno. mi rende eccessivamente malinconica, accentua il mio senso di estraneità dal mondo.

Perchè ho vissuto tutto questo tempo senza aver visto "Lo specchio" di A.Tarkovskij?
Perchè la maggior parte dell'umanità non conosce questo sublime, indescrivibile capolavoro?
Perchè l'essere umano è così poco umano da amare così poco la poesia?
Perchè il lirismo assoluto di queste immagini fa quasi male all'anima?
Perchè quest'opera, parla una lingua così profonda, abissale, da non farmi venire neanche uno straccio di parola decente, per descriverla?
Perchè mi sento sempre così vicina al sentire di questi popoli?
Perchè mi sento come Veronika, che sentiva di non essere sola al mondo, eppure sapeva di non aver mai conosciuto l'"altra" ?
Perchè tutte queste domande mi fanno sentire sola davanti ad un abisso?



Di.





sabato 4 febbraio 2012



Questa è una lettera d'amore. E anche forse di celebrazione. Io non le amo, le celebrazioni però questa persona, a cui dedico queste poche righe, è un uomo così straordinario nella sua incredibile semplicità esistenziale, che merita un immenso atto di celebrazione, amore, fede.
Sto parlando di Silvano Agosti. Qualcuno lo conoscerà, molti no. Non mi interessa ora scrivere la sua biografia, esiste internet ed è molto facile trovare tutte le informazioni.

Lui si, mi ha cambiato la vita. Ha cambiato il mio modo di leggere il mondo, gli eventi.
Lui mi ha dato una certezza incrollabile: esiste qualcuno al mondo che vive come le cose che dice. Si, non abbiamo scuse. C'è un modo per vivere come sogniamo, davvero. Se lui c'è riuscito, tutti ci possono riuscire.
Niente se, niente ma. Niente scuse.

“Caro Silvano, “E luce fu”, il giorno che ho letto il tuo primo “diario” sul sito del tuo cinema, l'Azzurro Scipioni.
Non mi ricordo come ci sono finita, sono passati troppi anni, e poi non conta. Chi cerca trova sempre. Ed io cercavo la luce.
Nella mia vita mi sono interessata a molte  filosofie, tesi, pensieri, ma per dirla col Guccini, “io parlo sempre tanto, ma non ho ancora fedi”, non definitive o assolute, almeno. Ma ogni volta che  incontro le tue parole ed i tuoi pensieri non posso non sentirmi completamente abbracciata da loro, si sono loro che mi avvolgono! Loro, mi contengono, non io che contengo loro... E mi accade solo ed esclusivamente con te.
 I tuoi pensieri sono oceani, sono universi senza spazio e tempo. Sono cosmi infiniti. Tu afferri l'inafferrabile del sentimento umano. Tu ci abbracci tutti, ci accogli tutti. Come naufraghi dopo una tempesta, sei per noi un porto, un approdo dell'anima. Eppure sei anche quello che ci dice, quando ci sediamo nel tuo cinema, (meraviglioso angolo dove il tempo è infinito e dilatato) “bene siete tutti qui, con le vostre vite, i vostri destini, tutti così diversi, eppure tutti così lontani dalla vita che davvero avreste voluto vivere,non è vero?” si è vero Silvano, fa male ma è vero. E nessuno può rispondere alle tue provocazioni, perchè tu invece l'hai fatto per davvero. E si trova traccia  in ogni cifra del tuo passaggio: dagli scritti, ai film, al Diario, al tuo meraviglioso e incantato cinema.

Non ti dirò mai grazie abbastanza, per quello che ho scritto sopra, ed anche perchè anni fa, ti scrissi delle email molto tristi, forse disperate. E tu, mi hai accolta come si accoglie una figlia, mi hai accarezzato le membra stanche con parole d'assoluto, che mi hanno liberata dai tormenti che mi auto infliggevo.
L'ultima volta che sono venuta a trovarti all'Azzurro mi hai regalato un libro meraviglioso, di soave poesia, dicendomi che era l'antidoto alla tristezza, ed io lo conservo come una reliquia.
Grazie è poco, non è abbastanza. Ma è solo quello che posso.
Grazie perchè mi ha restituito il più grande valore che si possa restituire ad un essere umano, prendere coscienza, che anche lui, è un immenso capolavoro della natura, come tutto il resto del creato, e come lo è la più straordinaria opera d'arte che sopravvive al tempo.
Anche se sono più i momenti in cui lo dimentico, di quelli in cui riesco a vivere con quella consapevolezza, quando ti leggo o ti incontro, mi rendo conto che è possibile farlo, è possibile essere.
Grazie abitante clandestino di questo strambo pianeta, tu sei uno dei pochi ancora vivo. E si sente.

Con amore
Di. “

Sentivo il bisogno di scrivere queste righe perchè oggi sul suo facebook, c'era postato questo:

“IERI è STATO DAVVERO EMOZIONANTE SENTIRE GLI ARCHITETTI VENUTI DALLA FINLANDIA PRESENTARE IL PROGETTO DI 72.000 NUOVE ABITAZIONI ISPIRATO TOTALMENTE A LETTERE DALLA KIRGHISIA.
IL CINEMA AZZURRO SCIPIONI HA VISSUTO IL MASSIMO STUPORE NEL VEDERE CON QUANTA CURA QUESTI GIOVANI PROGETTISTI HANNO SPOSATO LA CAUSA DI UNA ORGANIZZAZIONE SOCIALE PIU' UMANA.
MI SEMBRAVA QUASI CHE UN PEZZO DELLA MIA ANIMA FLUTTUASSE IN TUTTA LA SALA PROCURANDO STUPORE E A VOLTE PERFINO COMMOZIONI DI FRONTE ANCHE SOLO ALL'IPOTESI DI UNA SOCIETA' FINALMENTE GUARITA DAL CANCRO DEL POTERE ORMAI ALTRIMENTI IN METASTASI.”

Leggete le sue “Lettere dalla kirghisia” per capire queste parole e non solo, leggetele perchè potrebbero ricordarvi, che siete ancora vivi. Forse.

Buona notte
Di.